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Alessandro Severo

Arca Caesarea, 208 – Mogontiacum, 235
Nato nell’antica Fenicia ad Arca Caesarea, dove oggi sorge il sito archeologico di Tell Arqa, non lontano da Tripoli in Libano, fu adottato dal cugino Eliogabalo dopo che quest’ultimo ebbe assunto la carica imperiale. Fino ad allora, Alessandro Severo, che portava il nome di Marco Bassiano Alessiano prima dell’adozione, era vissuto nelle province orientali dell’Impero Romano; una volta arrivato a Roma, si trovò a essere nominato prima Cesare e poi Augusto, i due titoli che definivano i ruoli di potere: il Cesare era un co-imperatore, subordinato all’Augusto e suo erede.
L’impatto con la città di Roma fu di certo impressionante per il giovanissimo Cesare, nonostante la sua abitudine alle frequentazioni altolocate: il padre, Marco Giulio Gessio Marciano, era infatti un importante funzionario imperiale, membro di quella classe equestre cui Ottaviano Augusto aveva ridato lustro, due secoli e mezzo prima, riconoscendone l’importanza per l’economia e l’amministrazione dello Stato. Furono però la madre Giulia Avita Mamea e la nonna Giulia Mesa, entrambe legate alla famiglia imperiale, a indirizzare Alessandro Severo nei suoi anni di regno: la prima era figlia del senatore Gaio Giulio Avito Alessiano, a sua volta cognato dell’imperatore Settimio Severo, mentre Giulia Mesa era la sorella di Giulia Domna, moglie dello stesso Settimio Severo e madre di due imperatori, Caracalla e Geta.
Mentre il cugino Eliogabalo cadeva in disgrazia per il suo stile di vita e il suo credo religioso (era infatti alto sacerdote del dio-sole El-Gabal nella sua città natale, Emesa, in Siria), Giulia Mamea tenne il figlio Alessiano lontano dalla corte; così, quando la donna riuscì a promuovere una congiura contro il sempre più malvisto Eliogabalo, grazie anche all’aiuto di Giulia Mesa, Alessiano prese il posto del cugino, avendo ormai acquisito anche il nome di Alessandro Severo.
Il suo regno, che durò dal 222 al 235, fu caratterizzato dalla moderazione: sia verso il Senato, che negli anni precedenti era stato puntualmente svilito nella sua importanza, sia verso il popolo, a cui il nuovo sovrano si presentò con la tolleranza ormai necessaria per trattare il coacervo di culture raccolte sotto le insegne romane. Non perseguitò i Cristiani e si dedicò all’amministrazione del traballante Impero, aiutato in questo dalle figure che l’onnipresente madre gli affiancò: i giuristi Ulpiano e Giulio Paolo, parte di un gruppo di sedici senatori chiamati a consigliare il giovane sovrano, e lo storico Cassio Dione, fra gli altri.
Alla base dell’approccio di governo di Alessandro Severo vi fu il sincretismo religioso: in una società dilaniata da scontri e persecuzioni, che nel giro di un secolo avrebbe visto il Cristianesimo trionfare sulle antiche religioni e riservare a esse lo stesso trattamento subito fino a poco prima, una simile posizione era in un certo senso rivoluzionaria. Allo stesso modo, si occupò dell’amministrazione, tentando di mantenere sotto controllo le casse dello Stato in sempre maggiore difficoltà. Fu tuttavia in ambito militare che l’ultimo imperatore della dinastia dei Severi non dimostrò la stessa abilità che ebbe con la toga: la minaccia dell’emergente Impero Sasanide, all’estremo oriente dei domini di Roma, fu affrontata con sufficienza e il suo preferire sempre la via diplomatica allo scontro gli inimicò i soldati, che già avevano dato vita a piccole sedizioni. Quando, infine, un’invasione dei Germani lo costrinse ad accorrere sul Reno dopo aver ristabilito, non senza difficoltà, l’ordine lungo i confini orientali, un reparto dell’esercito acclamò imperatore un tal Massimino, più tardi conosciuto come Massimino il Trace, già comandante delle truppe lungo il limes renano. Alessandro Severo fu ucciso assieme alla madre, alla fine dell’inverno del 235, senza essere riuscito a completare la rivoluzione amministrativa che si era prefissato, lasciando dietro di sé un Impero inquieto e una città, Roma, solo in parte restaurata e ricondotta agli antichi fasti.

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