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Publio Elvio Pertinace

Alba Pompeia, 126 – Roma, 193
Imperatore per soli tre mesi, dall’1 gennaio 193 al 28 marzo dello stesso anno, Publio Elvio Pertinace fu in primo luogo un politico, vissuto sotto la dinastia degli Antonini durante il periodo di massimo splendore dell’Impero Romano. Fu console, poi proconsole in Africa nel 190, dove si distinse anche per aver sconfitto i Mauri in battaglia, e governatore di altre province, fino a diventare prefetto di Roma. Quando Commodo venne ucciso, il 31 dicembre del 192, il principale congiutato, Quinto Emilio Leto, allora prefetto del pretorio, riuscì a far nominare Pertinace come imperatore, confidando nel fatto che quest’ultimo avrebbe appoggiato il Senato nell’idea di restaurare il proprio potere e ricondurre Roma a un governo illuminato.
L’azione di Pertinace era volta a restituire dignità alla classe senatoria – egli stesso si presentò come Princeps Senatus, un titolo ormai in disuso che marcava il rispetto verso la principale istituzione repubblicana – e al ripristino delle finanze statali dissipate da Commodo. Tuttavia, l’aver dato tanto peso al Senato si rivelò per lui fatale: i Pretoriani, che lo avevano messo al potere, si sentirono trascurati e temettero di perdere l’influenza guadagnata in due secoli. Perciò, abbandonato dallo stesso Quinto Emilio Leto, Pertinace venne assassinato.
Suo figlio, omonimo, non ebbe miglior sorte: insignito del titolo di Cesare dal Senato, pur essendo ancora giovanissimo, venne fatto uccidere nel 212 da Caracalla senza mai arrivare al potere.

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