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Catacombe di San Sebastiano

Come la maggior parte delle catacombe di Roma, anche quelle di San Sebastiano nacquero come luogo di sepoltura pagano e solo successivamente furono trasformate in una necropoli cristiana. Proprio da queste, anzi, deriva il termine “catacombe”, che stava a indicare in origine un luogo posto in un avvallamento, in questo caso di tufo e pozzolana. L’etimologia della parola stessa è incerta, con κατά (katá) che in greco può indicare “sotto, giù” e cumba che in latino significa “cavità” (e, del resto, il greco κατά κύμβας (katá kýmbas) sta per “presso le cave”), da cui l’indicazione dell’antico toponimo ad catacumbas, “presso le cavità”, per riferirsi proprio alle sepolture oggi racchiuse nelle Catacombe di San Sebastiano.

Una prima necropoli cristiana dedicata ai Santi Pietro e Paolo si sviluppò nel II secolo d.C., venendo successivamente consacrata a quel San Sebastiano che, nel III secolo d.C., fu sottoposto al martirio da Diocleziano: l’imperatore gli inflisse prima il supplizio delle frecce e poi, avendolo trovato miracolosamente guarito, lo fece flagellare a morte e gettare nella Cloaca Massima, da cui il corpo era stato recuperato da una matrona di nome Lucina, poi santificata. Quando le sue spoglie furono traslate presso la necropoli, questa prese il nome di Catacombe di San Sebastiano, acquisendo un’importanza sempre maggiore e l’estensione notevole che conserva anche oggi.

Sviluppata su quattro livelli, la necropoli ha subito nel corso dei secoli numerosi rimaneggiamenti, a partire dall’originario nucleo ricavato nell’avvallamento dell’antica cava; tre mausolei, probabilmente appartenenti a ricchi liberti, ovvero gli schiavi liberati, furono costruiti in muratura prima del III secolo d.C., quando vennero interrati. Solo il primo, però, è stato riferito a una persona, Marcus Clodius Ermete, mentre il secondo è detto degli Innocentiores e il terzo è chiamato dell’Ascia, dalla rappresentazione sul timpano della facciata. Questi due mausolei sono generalmente attribuiti a delle corporazioni o associazioni. Successivamente, nel luogo in cui si riteneva che fossero state traslate le reliquie dei Santi Pietro e Paolo durante le persecuzioni dell’imperatore Valeriano nel 258, Costantino fece edificare la Basilica Apostolorum, che, dopo molti restauri, tra cui quello avviato nel 1608 dal cardinale Scipione Borghese, è oggi visibile nella sua ultima veste. Scipione Borghese, infatti, volle modificare profondamente l’impianto della basilica, che perse l’aspetto circiforme (ovvero con le navate che giravano dietro l’abside, a semicerchio, e si congiungevano permettendo delle vere e proprie processioni all’interno dell’edificio) di età costantiniana.

È interessante notare come la presenza nell’ipogeo di iscrizioni in lingue diverse dal latino, quali il greco e persino l’aramaico, dimostri non solo la diffusione del cristianesimo nell’Impero Romano, ma anche e soprattutto la natura cosmopolita della città di Roma, dove cittadini provenienti da ogni luogo si incontravano condividendo chi la fede, chi gli affari.

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